“Ouverture” è un brano di insolita solennità, quasi un Largo dei nostri giorni e sono abbastanza
sicuro che anche il buon Georg Friedrich Händel lo avrebbe apprezzato. Credetemi!
sicuro che anche il buon Georg Friedrich Händel lo avrebbe apprezzato. Credetemi!
“Uma Historia” è un brano che parte da una frase iniziale che si
impone come una sorta di leimotiv per
svilupparsi poi andando a giocare, sulla tastiera, a destra e a sinistra di
essa, con pentatoniche e slittamenti tonali. Il brano non perde mai di
coerenza, anche quando Enrico si allontana parecchio dallo spunto iniziale, ma
tutto rientra in una circolarità che rende l’architettura del brano di godibili
proporzioni.
Veniamo a “Mirage”, un brano impressionniste, ma forse sono io che mi faccio influenzare dal
titolo in francese. Visto che non lo
abbiamo scritto prima, rammentiamo che il buon Zanisi è pianista dal solido
bagaglio classico, non solo tecnico ma anche culturale. Gli viene facile,
dunque, avventurarsi per sentieri che spesso sono più vicini alla musica
classica che al jazz. Tornando al brano: un lungo respiro profondo, una
riflessione saggia e pacata.
“Cut It Out” è un breve esercizio di stile, quasi un
“Contrappunto” dei nostri giorni. Forse Johann
Sebastian Bach lo avrebbe apprezzato. Ma non ne sono del tutto certo perché
il Sommo pare fosse poco incline all’ironia.
“Mà” è un Valse Triste
e allora, visto che abbiamo iniziato questo gioco un po’ odioso, ci chiediamo:
sarebbe piaciuto a Jean Sibelius? O
forse all’Eric Satie della Gymnopédies?
“Palabras” è un brano che inizia come colpito da un attacco
di dislessia musicale. Come se le parole
appunto, manchino, vengano meno, tradiscano. Ma esso, poi, vira verso una
soluzione meno conflittuale, più decisa e determinata. Forse che il melos prevalga sul logos? Ma sto veramente vaneggiando e Zanisi se la riderà alla grande.
“Stairs” è un brano sognante, sempre frutto di una visione
impressionista del Nostro. Ci si arrampica sulle scale alla maniera di certi
esercizi stilistici che, mi sbilancio, sarebbero piaciuti a Claude Debussy…
“No Truth” è un brano che ricorda il miglior Brad Meldhau. Cantabile, lento,
rasserenante. Niente acrobazie tecniche e molto, molto gusto.
“Morse” racconta di segnali lanciati nello spazio. Difficile
raccoglierli poiché l‘Universo è grande grande e noi piccoli piccoli… Sperimentazioni
jarrettiane, venute anche bene, direi.
“Spring Can Really Hang You Up The Most” è uno standard di
jazz, scritto nel 1955 da Landesman & Wolf ed interpretato da tutti (tutte)
a cominciare da Betty Carter, Ella Fitzgerald, Sarah Vaughn, Rickie Lee Jones and so on... Come sempre, visto che
ormai Youtube lo abbiamo tutti, se vorrete apprezzare l’added value del Nostro Eroe vi consiglio di ascoltare le loro
rispettive interpretazioni.
Nel caso di “O du mein holder Abendstern” non c’è da fare
nessun gioco. La musica è di Richard
Wagner, dal Tannhäuser. Una lettura versione intima, quasi privata.
Conclusioni: un bellissimo CD, di gran gusto, di ricerca, di
eleganza. Enrico non ci delude e di questo siamo assai lieti. Buona fortuna e
buona musica a tutti.
Marco Lorenzo Faustini, 2016
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