Allora: le premesse per una bella serata c'erano tutte. Dopo una giornata di calore insopportabile era calata una leggera brezza che sfiorava la collinetta della bella villa romana e dunque la location, come suol dirsi con inutile barbarismo, era quella appropriata.
Così come pure l' ensamble (ora è la volta del francese) degli artisti sul palco era (è) di tutto rispetto. Vogliamo continuare: anche la scelta dei brani sembrava prelevata di peso da un negozio di delikatessen (siamo finiti sul tedesco, oggi sono insopportabile, perdonatemi).
Eppure, nonostante tali premesse, qualcosa non ha funzionato del tutto a dovere. Il suono che fuoriusciva dall'impianto era infatti assai lontano da quelle sonorità avvolgenti e coinvolgenti che possono offrire i sistemi di P.A. state of tha art (se governati con perizia, si intende!).
Invece ieri sera la batteria spariva, pur se il buon Lorenzo Tucci gli dava giù con le bacchette. Il basso di Luca Bulgarelli non riusciva a coprire quella parte dello spettro sonoro essenziale a formare il groove (finalmente un termine intraducibile: groove vuol dire groove!).
Meglio ascoltavamo le percussioni di Bruno Marcozzi e il piano/voce/tastiere di Natalio Luis Mangalavite. E le due star? Anche in quel caso quando i volumi crescevano il suono scadeva di qualità e la notevole performance di Girotto e Bosso perdeva di impatto.
A riprova di quanto sopra notavo che quando i volumi, al contrario, si riducevano migliorava la definizione del suono e si potevano apprezzare le tante sottigliezze messe in opera dagli artisti sul palco.
Anche su certi arrangiamenti si potrebbe osservare qualche cosa, ma per poter dare un giudizio più serio avremmo dovuto ascoltare un mixaggio più accurato, e qui dunque torniamo al punto di partenza.
Bella, tra le varie musiche in scaletta, "Algo Contigo", una versione davvero a misura di sestetto, che riesce nel non facile intento di non travisare la ritmica del bolero, genere che che troppo spesso finisce per snaturarsi in bossa o swing. Così non è stato e questo è bene. Anche "The Shadow Of Your Smile", che è un po' una sigla di Fabrizio Bosso, ci è stata proposta nella sua atmosfera più rarefatta e sofisticata.
Alla fine, comunque, le cose non sono andate poi male. Poi gli artisti salutano e ringraziano (Girotto fa gli auguri di Natale nel caso non dovessimo vederci prima). Ma anche qui il genio delle luci ci pianta due bei fari addosso, come stessimo nel cortile di un carcere, e lascia il palco, con gli artisti che si inchinano, nel buio più assoluto.
Ditemi voi.
Un caro saluto a tutti,
Marco Lorenzo Faustini
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