Il “Buster
Williams Quartet” fa il suo ingresso dopo una ventina di minuti di attesa nella
serata dal clima mite quasi pre-estivo e, senza neppure presentarsi, comincia
immediatamente a suonare.
L’atmosfera
creata dal piano è piacevole e a dinamica molto bassa, con la giovanissima
Cindy Blackman Santana che accompagna con il dolce e quasi impercettibile suono
delle sue spazzole.
Dopo un po’
però, gli animi si scaldano, i volumi si alzano e dalle spazzole si passa alle
bacchette e a una ritmica decisamente “swing”, dove il vecchio band leader
sfoggia il suo walking bass old style preciso come un orologio.
Tranne lo
standard “I didn’t know what time it was”, il quartetto esegue una serie di
brani originali che, tranne nel caso di un paio di pezzi dall’atmosfera più
latina, hanno un sound moderno ma una ritmica sempre swingata, tranne nelle
basse dinamiche ovviamente.
Nell’improvvisazione
sia Eric Reed al piano che Mark Gross al sax si dimostrano incredibilmente
tecnici, il primo sfoggiando una
delicatezza incredibile nell’appoggiare gli accordi per l’accompagnamento dei
solisti.
Buster
Williams, invece, a nostro parere, si è
dimostrato poco discorsivo nell’improvvisazione, anche se mostra una grande
intesa con tutto il quartetto in generale, anche durante gli assoli.
La più
giovane del gruppo, Cindy Blackman Santana, all’ultimo pezzo fa un lungo e
tecnico assolo di batteria senza perdere mai il controllo del tempo.
In generale
è stato sicuramente un bel concerto, anche se non è quel jazz moderno che ci fa
battere il cuore come un treno, ma piuttosto una musica piacevole e rilassante
con un tocco vecchio stile.
Hector
Faustini Mendo
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