Della trasformazione di San Andrés in San Roque o del
pragmatismo dei cattolici spagnoli
Un paio di lustri fa mi trovavo a soggiornare con la mia
famiglia in una località di quell’ancha Castilla che, pur non godendo
della fama della cervantina Mancha, gode pur sempre di tante
vestigia e della non trascurabile caratteristica, per chi vi scrive
graditissima, d’esser piuttosto spopolata.
Venuto a sapere che a un tiro di schioppo dalla casa
rural nella quale alloggiavamo, governata da buona famiglia di lavoratori
operosi e timorati di Dio, vi era una piccola chiesa meritevole d’esser visitata,
chiesi informazioni sul cammino da fare per raggiungerla.
La stessa era dedicata a San Andrés e, avendo per caso, o
per disegno divino, un figlio con quel bel nome, proposi allo stesso -al
figlio, intendo, non al Santo- una breve escursione per visionarla.
Ci fu proposto, come primo itinerario, un percorso che
salendo su un piccolo monte e ridiscendendo una graziosa valle ci avrebbe portato
quasi a ridosso della costruzione. In alternativa ci fu illustrata una più classica
strada locale, la quale allungava il tragitto ma lo rendeva più agibile alle
nostre abitudini cittadine.
Con mio entusiasmo, non del tutto condiviso dal mio figliolo,
imboccammo senza indugio il sentiero avventuroso, ma presto fummo dissuasi
dalla presenza di cavalli che non sembravano gradire troppo la nostra
compagnia. Più affettuose furono le tante api ma, onde evitare contatti troppo
ravvicinati con le stesse, rientrammo sulla nostra decisione e imboccammo perciò
la stradina asfaltata.
Accompagnati da un concerto di cicale e da un vento caldo
che accarezzava le spighe di agosto, la passeggiata si rivelò abbastanza
impegnativa ma, dopo un’oretta di cammino, fummo confortati da un bel cartello
lucente che indicava senz’altro la deviazione per la Iglesia de San Andrés.
L’ultimo tratto di strada era piuttosto impervio, l’asfalto
pieno di fenditure, e a prudente distanza vedevamo i cavalli di cui sopra e la
fila ordinata di arnie affollate di laboriosi insetti.
Il paese ci accolse del tutto disabitato, un comitato di accoglienza composto
da un paio di innocui cani che ci osservarono senza troppo emozionarsi. A
rendere più bucolico, o georgico forse, il tutto un enorme mucchio di stallatico
in attesa d’esser distribuito sugli ampi campi circostanti. In lontananza si
udiva il ritmico rumore di una mietitrebbia impegnata nella raccolta del
frumento.
Ma la chiesa, dunque? Proseguendo sulla salita giungemmo infine a vederla.
Immobile e ieratica, nel tipico stile romanico, essenziale, del tutto a suo
agio in quel contesto, come se dopo il passaggio dei dinosauri e delle orde di
Visigoti la stessa fosse sorta spontanea dalla terra, la facciata ben orientata
a ponente, il piccolo campanile a gettare un’ombra pietosa contro quel sole
accecante.
Come fossero ad attenderci per un mai definito appuntamento,
accompagnati dai due cani che ci avevano seguito con castigliana riservatezza,
ecco due figuri appoggiati alla parete in ombra della chiesa.
Affatto inquietanti ci accolsero con un sorriso coi pochi
denti ancora in loro possesso. Uno era sciancato e si appoggiava a una
rudimentale stampella. L’altro era monòcolo, ma non aveva dei Ciclopi di
omerico ricordo, l’aspetto minaccioso. Si avvicinarono a noi senza fretta e ci
chiesero, o almeno così intesi, se volevamo visitare l’edificio.
A un mio cenno di assenso lo sciancato estrasse una chiave
che avrebbe fatto invidia, per dimensioni e imponenza, allo stesso San Pietro e
si adoperò per aprire il portale.
Mentre quello si dava da fare osservavo, tipici di quella
zona, i mostriciattoli scolpiti sulla facciata, raffiguranti demoni, satiri e
altre creature poco raccomandabili. Scolpiti sempre all’esterno di edifici
religiosi sono lì a indicare che, oltre quella soglia, il buon cristiano gode
di tutte le divine protezioni del caso, giacché l’accesso a quel corteo di
blasfeme creature è proibito.
Sulla colonnina destra del portale si coglieva, consunta dal
tempo, la raffigurazione di spighe di grano, sull’altra una strage di
innocenti, dove i soldati eran raffigurati con cotte di maglia di foggia
medievale. Scherzi della storia.
L’interno era gradevole, si intuivano affreschi ormai
evanescenti, un piccolo altare, finestre ogivali dove gli alabastri erano stati
rimpiazzati da plexiglas rimediato chissà dove. Il matroneo in legno pareva
pericolante, ormai dominio di ragni e di insaziabili tarli.
Eppure, nonostante i segni del tempo, la luce d’occidente
illuminava quelle vecchie pareti e tendendo l’orecchio, si poteva ascoltare il
bisbigliare di antichi rosari e di preghiere.
Mi rivolsi dunque al mio paziente figliolo che mi aveva
seguito fin li. “Vedi Andrés questa chiesa è dedicata al tuo santo” feci,
sorridendo d’intesa ai nostri ciceroni.
Ma a quel punto fu l‘orbo a precisare che no, che la chiesa estaba
ahora dedicada a San Roque.
Padre e figlio ci guardammo perplessi. “Possibile che per
quattro case ci siano addirittura due chiese?” sembrava chiedermi Andy con lo
sguardo. Uscii all’aperto. Nulla, a parte le suddette quattro case e la vallata
sottostante, dove qualche mucca pascolava in rassegnato silenzio sotto il sole.
Sfoderando il mio spagnolo un po’ accademico chiesi lumi e
questa fu la spiegazione che i due mi fornirono e che riporto con i caveat
del caso.
“La iglesia è dedicata sì a San Andrés ma dato che la festa del santo cae
el 30 de noviembre nessuno nadie verrebbe a las fiestas, nadie
subíra aquí entre nieve y hielo. Nessuno verrebbe quassù a novembre tra
neve e ghaccio. Entonces pensammo di dedicare la iglesia también anche a San
Roque che si festeggia el dieciséis de agosto, más calor, más gente!”.
Cercando contenere il nostro sorriso nei limiti della
decenza assentimmo con misurati movimenti del capo alla saggia decisione. Se
già in agosto sarebbero stati in quattro gatti potevamo immaginare a fine
novembre. La fede è importante ma anche il meteo merita d'esser preso in giusta considerazione. Chiedetelo a Noè.
Ecco dunque svelato il mistero!
Così, soddisfatti nella nostra naturale curiosità ci
accomiatammo dai nostri due simpatici amici non prima di aver lasciato una
piccola offerta para las fiestas.
In fondo, pensavo tra me e me, discendendo nel pomeriggio ormai
avanzato, chi ci dice che non fossero proprio loro due, Andrés e Roque, venuti
a portare un po’ di conforto, anche barando un po’ sulle date, alle miserie di questo mondo? Alla fine ha
ragione il profeta. Nomina nuda tenemus.
Settembre 2022
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