2017/07/14

La rivoluzione delle bottigliette di vetro



Non so esattamente da quando, ma ad un certo punto della storia sorse l’abitudine di depositare bottigliette di birra ovunque capitasse.

Era un gesto rivoluzionario che noi, vecchi parrucconi del tempo che fu, non comprendevamo. Non riuscivamo ad accettarne la portata innovativa e rimuovevamo freudianamente la realtà fattuale del “prima” e del “dopo”.

Appoggiare la Peroni su una panchina era un atto eroico. Lasciarla sul marciapiede, sulla pensilina della metro, sull’autobus deserto dell’ultima corsa notturna… c’era chi si era specializzato a deporla con perizia dietro le ruote delle automobili parcheggiate. Con bravura si faceva in modo che l’ignaro conducente iniziasse la giornata con un bel botto di vetri infranti e, in certi casi, con un copertone squarciato.

I giovani, foruncolosi e spermatici, si vantavano delle loro imprese, e con loro viaggiavano a ruota stuoli di ragazze che non volevano esser da meno… del resto anche quella era una rivoluzione per l’autentica parità dei sessi.

Però come tutte le rivoluzioni il fenomeno finì per istituzionalizzarsi, divenire prassi comune. A San Lorenzo come a Garbatella, a via del Corso come a Tor Marancia fiorivano aiuole di Heineken e di Ceres che si riflettevano sotto il sole creando un gradevole effetto multicolore.

Le campane del vetro rappresentavano, con la loro ingombrante presenza, un totem del passato e le donne e gli uomini che sottostavano al rito di nutrirle di bottiglioni e barattoli di marmellata  appiccicaticci erano i dinosauri di un universo destinato a sparire, a spegnersi in un pianissimo.

Ma la rivoluzione, autentico genio delle metamorfosi, incalzava, assumendo nuove sfumature e  contorni. Alla moda ormai consolidata ed anche un po' passata delle bottigliette seguì presto quella dei sacchi della spazzatura. Abbandonati nei luoghi più impensati essi erano soggetti ad una rapida metamorfosi. I gabbiani banchettavano con starnazzante euforia, felici di quell’inaspettato dono di bucce di banana, carcasse di pollo alla diavola, frutta marcia, avanzi di paella staccati a forza da pentole d’acciaio che avevano conosciuto passati splendori.

Così la Città Eterna rinnovava la propria livrea con strati su strati di bottigliette e spazzatura. Ci si imbatteva in sacchetti del McDonald affidati alla corrente del fiume (o del traffico di Ponte Milvio). Trans e donnine varie ci facevano dono dei loro preservativi usati e di flaconi di lubrificante.

Più complicato era comprendere le distribuzione randomica di scarpe spaiate dai tacchi vertiginosi e rigorosamente paillettesate, appoggiate con nonchalance tra un semaforo ed un cartellone che reclamizzava, da secoli, la bontà del Metodo Shenker per l'apprendimento rapido dell'inglese.


Ma la vita andava avanti... eravamo noi che restavamo ineluttabilmente indietro.

Marco Lorenzo Faustini (2017)


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