E Nemesi sia,
dunque: parola poco traducibile, se non per mezzo di una circonlocuzione; ci
accontentiamo, dunque, di pensarla come la giustizia
riparatrice.
Tra sax tenore, sax soprano e marchingegni vari (loop ed effetti) il buon Alberto La Neve (Cosenza, 1981) ci
conduce nel suo personale microcosmo compositivo/improvvisativo.
Il primo brano Orpheus
ci accompagna per mano, anello dopo anello, in una spirale che ingannandoci ci
rasserena e rasserenandoci ci inganna. E’ un tema dal tono ancestrale e materno,
ricolmo di ferma dolcezza.
Poi andiamo su Goban
(che, imparo consultando la Wikipedia, altro non è che la scacchiera per il Go, gioco di strategia cinese). E qui
l’inquietudine sale, dato che ci perdiamo nelle infinite combinazioni, nel
labirinto di mosse, ma senza un Dedalo che ci cavi d’impaccio.
Poi è la volta di Nautilus
che in greco (questo me lo ricordo a memoria) indica sia la nave che il
marinaio.
La traccia Nemesi,
a questo punto, non ci coglie impreparati, avendo ormai preso confidenza col lessico
dell’Autore: si tratta sempre di una costruzione di strati che si impilano gli
uni sugli altri, un gioco di equilibri che si risolve sempre con l’eleganza di
un suono molto curato e di frasi calibrate ed accurate.
Poliphemus è una
sorta di canone, solenne ed incombente, che vira verso direzioni inaspettate ed
anche, a tratti, un po’ drammatiche.
Per chi ha amato i romanzi di Pennac il personaggio di Monsieur Malaussene non ha segreti: un
po’ sfigato, capro espiatorio, appassionato, umano troppo umano come avrebbe detto Friedrich Nietzsche; c’è sempre
e comunque un filo rosso di malinconia.
Ci accomiatiamo sulle note di Baba Jaga “strega” in russo. Il personaggio sonoro disegnato dal
Nostro è caricaturale, tronfio e pieno di sé: un brano ironico, una marcetta
divertente ed impettita.
Cosa dire, dunque? Si tratta di materiale originale,
sperimentale, degno di rispetto, suonato bene; certo non siamo di fronte a temi
di facile ascolto, anche se non mancano tratti divertenti. Una cosa darei per
certa: l’incondizionato amore per gli strumenti suonati, dilatati in tutte le
direzioni possibili e questa non è cosa da poco.
Marco Lorenzo Faustini, 2016
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