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2014/04/13
Antropologia dell'accordo a tutti i costi...
Francamente di Previti, di Dell'Utri, di Mangano, dei processi, delle condanne, dei primi gradi, dei secondi, degli appelli, delle fughe, dei domiciiliari, di Silvio, della Dama Bianca con valigia al seguito, delle Olgettine, del Ragionier Spinelli, delle cene eleganti, della casa al Colosseo comprata a sua insaputa, di Bocca Di Rosa Rubacuori (l'elenco coprirebbe molte, troppe schermate) mi interessa veramente poco.
Quello che vorrei capire è come è possibile che tanti italiani cerchino ANCORA un riferimento politico in un partito i cui vertici sono allocati tra San Vittore, Rebibbia, i domiciliari e, nel migliore dei casi, i servizi sociali.
E tra questi, non solo l'elettore-tipo che cantava (contento lui) "meno male che Silvio c'è" illudendosi che l'allegra macchina da guerra azzurra avrebbe posto, finalmente, riparo alle malefatte di questa sinistra dalemiana veltroniana fassiniana squallida e senza speranza e di questi sindacati utili come il ferro da stiro di Marcel Duchamp.
Mi riferisco, piuttosto, anche a certi altri signori (Renzi Matteo e Napolitano Giorgio, ma la lista è lunga) che non riescono a disinnamorarsi della loro ossessiva ricerca dell'accordo a tutti i costi. Che più che accordo, a questo punto, è un patteggiamento.
Ma un po' di colpa ce l'abbiamo anche noi, che ci siamo dedicati all'ozio intellettuale dell'arte, della musica, della poesia, lasciando questo Paese in mano alle peggiori bande di furfanti (da Craxi in poi).
E la libertà che ci siamo conquistati ci viene sottratta da una marea crescente di malaffare che, giorno dopo giorno, ci fa comprendere come il prezzo del nostro abbandono dalla lotta si stia facendo sempre più elevato.
Abbracci fraterni,
m.
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