Casa del Jazz, Roma
20 gennaio 2013
Israel Varela batteria, voce
Alfredo Paixao basso, voce
Angelo Trabucco, pianoforte
Kamal Musallam, oud
Cristina Benitez, ballo flamenco
Marcello Allulli, sassofono
E’ una serata carica di pioggia, di quelle che proprio non
ti invogliano ad uscire. Però quando questo Speedy Gonzales messicano di
Tijuana (ma che di nome fa Israel) si presenta sul palco della Casa del Jazz col suo sorriso
disarmante, il suo entusiasmo e la sua comunicativa comincio a pensare di aver
fatto la scelta giusta.
Israel Varela, dunque, alla batteria e poi al basso
a sei corde il brasiliano Alfredo Paixao.
Tascabile il primo, enorme il secondo, un gigante che entra a fatica in un palco
particolarmente stipato di strumenti. Poi
Angelo Trabucco, pianista dal tocco
delicato, molto fine, elegante e straordinariamente ritmico. Questo è il trio
stellare, in una notte dove il cielo le stelle proprio non le vuol proprio
mostrare.
Partono d’impeto, una serie di brani sospesi tra il
flamenco, il jazz, la musica orientale. Arabeschi, finezze, obbligati, stacchi,
pause e assoli. Arricchisce il sound Kamal
Musallam, giordano, col suo oud. Lui sembra un angioletto (un angiolotto)
che se ne sta serafico, rannicchiato attorno al suo strumento, coi suoi riccioloni.
E la musica si sposta e deriva dolcemente verso un’atmosfera da Mille e una
notte.
Cristina Benitez ci
porta il suo baile flamenco, ma non
solo. Il suo è un apporto coreografico ma, al contempo, estremamente
percussivo. Il suo corpo disegna nell’aria
movimenti sensuali, ma è la percussione delle castañuelas ad incantare, perfettamente
incastonata nella complessa struttura ritmica del gruppo.
Infine ancora una deriva, questa volta verso il modern jazz, con il sax
tenore di Marcello Allulli.
Un suono pulitissimo, assoli estremamente coinvolgenti e anche una buona
capacità di accompagnare, attraverso un ostinato molto ritmico.
Così ascoltiamo i brani di Zamar, ultimo CD di Varela. Anche la voce di Israel è molto
suggestiva (tra l’altro mentre è frequente trovare batteristi che fanno da coristi
ben altra cosa è incontrare un lead vocal).
I brani sono tutti intrisi di suggestiva spiritualità,
evocativi, magici. Una musica molto bella, sia sotto l’aspetto compositivo che
nella sua interpretazione. Uno show equilibrato, arricchito dalla gestualità
del flamenco ma con molte influenze ed ispirazioni. Un gruppo affiatato, reduce
da un tour che ha consentito un gran lavoro di limatura.
Fatto sta che tra virtuosismi, momenti delicati e lirici,
acrobazie e funambolie vaire accompagnate da un drumming mai ripetitivo ci ritroviamo ad applaudire, certi
di aver assistito a qualcosa di veramente bello ed entusiasmante.
Complimenti, piccolo Israel, grande musicista. Continua così
e non perdere il cammino.
Marco Lorenzo Faustini
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