2012/12/10

2012 12 08, Ensemble Denada all'APdM (con breve dissertazione sulle BB)



Ensemble Denada
Teatro Studio
Auditorium Parco della Musica
Roma, 8 dicembre 2012

Avete presente il tema dell'eterno ritorno di Friedrich Nietzsche, del tempo che si morde la coda, che continua a ruotare su sè stesso, riproponendosi all'infinito? Ebbene era questa cosa che mi veniva da pensare contagiato dall'energia elettrizzante dell'Ensamble Denada norvegese.

Ogni qual volta sembra che il tempo delle Big Band sia ormai concluso, irrevocabilmente tramontatom ecco che, per sottili metamorfosi, come l'Araba Fenice, questa tipo di formazione orchestrale rinasce a vita nuova dalle proprie ceneri.

Dai tempi di Glenn Miller, di Duke Ellington, di Benny Goodman ne è passata tanta di acqua sotto i ponti; il Cotton Club è ormai storia antica. Poi è giunto il tempo delle orchestre di Dizzy Gillespie che, superando le piccole formazioni del tipiche del bebop, portò avanti la spinta rivoluzionaria di Charlie Parker & Co. attraverso organici grandi e altrettanto grandi contaminazioni con i ritmi tropicali.

E poi ancora venne il tempo di Gil Evans e di Maynard Ferguson. E poi, se proprio vogliamo, ci fu l'esperimento della World of Mouth di Jaco Pastorius, dove lo straordinario bassista riuscì a coniugare, in modo sublime, il virtuosismo individuale con una concezione orchestrale veramente moderna.

Eccoci allora ad ascoltare la creatura del nostro signor Helge Sunde. La musica del suo Ensable è così: nervosa, rapida, capace di grandi transizioni, di passaggi repentini dai ritmi più serrati ai momenti poetici di ampio respiro, da orchestrazioni molto tradizionali che si alternano a larghi tratti sperimentali e di pura improvvisazione.

L'idea, poi, di aggiungere elementi di elettronica, con immagini in tempo reale dei solisti che si proiettano sullo sfondo, miscelate a fondali che si modificano brano dopo brano, rende l'ascolto della Denada un'esperienza davvero a 360°.

Dai brani più poetici, dedicati anche alla tradizione lirica nordeuropea, a temi ispirati ai luoghi visitati dalle tournée (tra i molti: Italia, India, Siria), il nostro direttore/trombonista ci fa correre in lungo e in largo, sempre tenendo viva la nostra attenzione.
Ampio spazio è lasciato ai solisti che si alternano sull'ante palco, ciascuno conducendoci sulle proprie personali sonorità.

Un gruppo molto affiatato, dalla dinamica estremamente controllata che lascia ascoltare, nei momenti di trio/quartetto, una sezione ritmica particolarmente brillante.

In definitiva: due ore di grande, bella musica che hanno davvero coinvolto il pubblico del Teatro Studio.
La title track della Denada, suonata come bis, ha rappresentato la giusta conclusione di una serata che ci fa apprezzare, una volta, di più, i livelli di eccellenza raggiunti dai musicisti del Nord Europa.
Marco Lorenzo Faustini

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