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2010/07/02
Herbie Hancock
Herbie Hancock
"The Imagine Project"
APdM Roma
1 luglio 2010
Herbie Hancock pianoforte, tastiere
Kristina Train voce
Vinnie Colaiuta batteria
Tal Wilkenfeld basso
Lionel Loueke chitarra
Greg Phillinganes tastiere
Confesso, volevo venire qui per parlare un po' male di Herbie Hancock, ed invece proprio non posso.
Avrei esordito col dire che gli anni passano per tutti, anche per Herbie (classe 1940), che i tempi di "Takin' Off", le collaborazioni con Miles Davis e i suoi 'golden boys' Ron Carter & Tony williams, le stagioni eroiche di "Head Hunters", di "Cantaloupe Island", di "Rokit" sono ormai un ricordo un po' sbiadito dagli anni e dalla noia.
Ma la classe, l'eleganza, il tocco di questo pianista, compositore, tastierista, la sua visione complessiva della musica, la sua influenza su tutte le correnti contemporanee, dal jazz al soul al funky, le sue incursioni nella classica, le colonne sonore, la disco-music d'alto bordo hanno avuto la meglio anche sull'anima inaridita di chi vi scrive.
E' stata una serata che ha offerto tutto: dal jazz sofisticato di "Dolphin Dance" al volo radente su "'Round Midnight", dal pianismo percussivo di "Chameleon" ai progetti recenti, la bellissima "River" di Joni Mitchell cantata da una splendida (in tutti i sensi) Kristina Train (classe 1982), da Bob Dylan, a Bob Marley, fino ad una versione di "Imagine" completamente riarmonizzata, rivisitata, arricchita da armonie sofisticate e aperte.
Con una band stellare, dalla bravissima Tal Wilkenfeld (classe 1886) con una personale e solitaria lettura, alla voce, "The Times, They Are A Changin", a Vinnie Colaiuta (classe 1956) ed il suo drumming potente ed essenziale (con tracce di Frank Zappa, di Sting, di Joni Mitchell), da Greg Phillinganes con i suoi tappeti sonori (dagli archi all'Hammond, oltre che dalla voce 'africana', e sulle spalle l'esperienza di collaborazioni con Stevie Wonder ed Eric Clapton) fino alla chitarra sofisticata e nitida di Lionel Loueke (classe 1973).
E veniamo ad Herbie, infine. Regista di questa macchina così articolata e versatile, sempre a suo agio tra il suo "Fazioli", piano a coda dal suono perfetto, e le sue tastiere, campionatori, pianole a tracolla ed altri strumenti del demonio. Non c'è nulla di misterioso, a ben pensarci, che pur in contesti tanto diversi il nostro Herbie riesca sempre ad essere sè stesso.
Uno stile, un marchio di fabbrica che gli consentono di condurci dove vuole, da momenti di puro "piano solo", lirici ed intensi, al groove implacabile dei sui hits di funky.
Viva Herbie, dunque, e ai prossimi settant'anni di grande musica.
foto e testo di Marco Lorenzo Faustini
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