2009/08/06

La Patente "B"



Per me il tempo della patente "B" è stato uno dei più felici della mia vita. Il giorno stesso del mio diciottesimo compleanno mi recai all'Ufficio della Motorizzazione Civile e ne uscii, quarantacinque minuti dopo, trionfante, col mio "foglio rosa".

Ce l'avevo lì, infilato nella tasca dei jeans, un pezzo di carta che mi eccitava, mi elettrizzava.

L'interpretazione giuridica del "foglio rosa" era chiara: consentiva di condurre un veicolo nel periodo preparatorio all'esame di guida.

Io sapevo tutto: le strade extraurbane prive di pubblica illuminazione, i nomi delle quattro fasi del motore a scoppio, i segnali stradali (compreso quello dei divieti di sosta a giorni alternati, vero 'Capo Horn'nel difficile viaggio verso il conseguimento della patente "B").

Potevi condurre il veicolo ma solo in compagnia di persona patentata. Da lì la supplica a mia madre, che era l'unica in possesso di permesso a condurre: "Perchè non andiamo al supermercato? Non dovevi andare a vedere quelle tende? Non sarebbe il caso di andare a dare un'occhiata alla casa al mare?"

Il mio approccio era del tipo 'bombardamento a tappeto'. Continuavo a chiedere e chiedere finchè mia madre, dopo qualche settimana di trattamento, cedette: "D'accordo, vai a farti un giro con l'auto ma fai attenzione".

E qui scatta l'associazione tra la patente "B" e un altro aspetto della mia vita giovanile. Ecco che allora mi presentavo con lo scassone di Ford ad accompagnare le mie amiche, delle quali avevo compilato lista in ordine alfabetico, nei posti più impensati, dal ginecologo al veterinario per curare il gatto malato, sperando, più o meno inconsciamente, che in qualche modo ricambiassero il favore, cioè il passaggio.

Morale della favola: consumai molta benzina, in quel periodo. Fui molto carino, in quel periodo. E qualche cara amica, per gratitudine o simpatia o pietà, lo fu con me.

E dunque comprendete perchè per me il periodo della patente "B" fu proprio un'isola di felicità.

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