2009/04/19

Paura e dintorni


Io sono un cittadino. Voglio dire la città è il mio ambiente. La natura mi fa paura, anche se cerco di non darlo a vedere. Esempio: ero in canoa a trecento metri da riva e l'Atlantico mi ha messo paura. C'era l'ultima boa e, pure se ero a venti pagaiate dal raggiungerla, non ce l'ho fatta. Ero affascinato da quel suono profondo che fa l'oceano, un respiro lento che ti dà l'idea di quanto sei piccolino, di come lui ti può inghiottire senza sforzo. E poi anche se l'onda era senza schiuma vedevo come essa si infrangeva sui due promontori, a destra e a sinistra, la sua potenza formidabile contrapposta alla mia fragilità...

Anche quando faccio il trekking ho paura, una paura abbastanza razionale, se ci pensi. Oggi per esempio le ultime due ore le ho trascorse sotto una pioggia prima sottile, più seria, alla fine battente. Mi ha preso paura del fulmine. Oppure che qualche cinghiale mi attraversasse il sentiero (mi è successo una volta, l'animale era stato ferito dai cacciatori ed si è cacciato dentro ad un ginepraio, ne sentivo il respiro affannoso e furibondo).

Ma forse più che paura è rispetto. Un po' come quando entri in una cattedrale gotica e senti l'organo che suona le trombe dell'Apocalisse, coi santi che ti guardano austeri da vetrate colorate.

E forse il mio amore per la Natura è anche un profondo rispetto per le sue leggi; è per quello che mi muovo in punta di piedi, cercando di non far rumore. In fondo un bosco come quello che oggi ho attraversato è una cattedrale. Solo che in questo caso il buon Dio se l'è innalzata da .

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