2008/10/23

Miroslav Vitous Quartet “Remembering Weather Report”


Miroslav Vitous contrabbasso
Franco Ambrosetti tromba
Gary Campbell sax soprano e tenore
Gerald Cleaver batteria

Casa del Jazz 21 e 22 ottobre 2008

Di solito non scrivo mai le note biografiche degli artisti che vado ad ascoltare dato che esistono, in questi nostri tempi globalizzati, molte fonti on-line a cui gli interessati possono attingere (nel nostro caso websites come "All About Jazz" oppure le varie "Wikipedia" per non parlare dei siti personali che ormai ogni musicista si è creato sulla rete).

Nel caso di Vitous credo, però, che qualche accenno biografico non sia di troppo. Nato nel 1947 in quella Praga allora "oltrecortina" si dedicò da piccolissimo al violino, al pianoforte e poi, a 14 anni, iniziò a praticare lo studio del contrabbasso. Il ragazzo doveva essere molto disciplinato e costante (tra l' altro ci risulta che fosse anche ottimo nuotatore con reali possibilità di una carriera agonistica).

Completati gli studi al Conservatorio vince, ventenne, un concorso internazionale a Vienna che gli consente di andare a studiare negli States, a Boston. E da lì il decollo di una carriera che lo porterà a scrivere grandi pagine di musica e a ridisegnare il ruolo del suo strumento nell'ambito del jazz e dell'improvvisazione.

Musicista completo, dunque, e con grande voglia di sperimentare. Già nel 1968 (anno, ricordiamo, dei drammatici fatti di Praga) è con Chick Corea ed Roy Haynes a firmare un LP stellare con "Now He Sings, Now He Sobs".

Da allora infinite le collaborazioni, i progetti, i gruppi. Fu il primo bassista dei Weather Report (con Joe Zawinul e Wayne Shorter). Lo seguiranno, dopo il suo abbandono, Alphonso Johnson e poi Jaco Pastorius (e come vedete si stratta di personaggi di prima grandezza).

Carismatico, musicista a tutto campo in questa bellissima serata alla Casa del Jazz ci ha offerto momenti estremamente complessi fatti di una musica sofferta, profondamente vissuta e suonata con un altissimo livello di concentrazione.

Nulla è lasciato alla banalità; l'ascoltatore è messo alla prova nel cercare di seguire percorsi arzigogolati e tortuosi ma che si rivelano sempre ricchi di stimoli e di suggestioni. Il fraseggio di Vitous è complesso, con lunghe frasi che sollecitano i timbri più profondi del suo contrabbasso per arrivare ad acuti che dilatano la portata dello strumento. Anche l'archetto è utilizzato in maniera molto aggressiva (c'è da considerare anche fattori come la prestanza fisica di quest'uomo e l'essere dotato di mani molto grandi che gli consentono posizioni ed intervalli, sulla tastiera, veramente originali).

Sia i suoi compagni che noi del pubblico restiamo presto soggiogati da quella forza che piega sempre la sua altissima tecnica al disegno musicale, alla rotta che solo lui conosce e che ci conduce, brano dopo brano, ad esplorare luoghi astratti e pur vividi. Sia Ambrosetti che Campbell si prestano pienamente al disegno di questa missione complessa. Il primo è più passionale, specie negli assoli, e la sua tromba si muove con molta scioltezza anche se il peso del band leader non cessa mai di farsi sentire; il secondo è più guardingo, ma il suono cristallino del suo sax soprano ci sorprende, come pure l'espressione del suo viso, preoccupato, teso ci lascia intendere che il cammino sofferto all'eterna ricerca della perfezione è ancora in divenire.

Anche Cleaver contribuisce a costruire trame sonore e percussive sempre al servizio dell'idea sottostante. Negli istanti in cui gli è concessa più libertà ci sorprende con l'eleganza di soluzioni ritmiche molto particolari. Del resto se così non fosse non sarebbe in una formazione del genere.

Qualcuno dei brani di stasera è tratto dai materiali dei Weather, altre cose provengono dalla carriera solistica di Miroslav. Tutto è, comunque, estremamente originale, compresi i campionamenti di archi che creano aperture suggestive e che Miroslav lancia come introduzione o come tra un brano e l'altro.

Anche il pubblico della Casa del Jazz non può che apprezzare tanto rigore intellettuale. L'esperienza è esaltante: "difficile ma molto bello" sento commentare da una ragazza. E mi sembra il giudizio più appropriato che si possa dare ad una performance del genere.

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