2008/06/29

Pagani e moderni...


Curioso come un'opera dal sottotitolo vagamente retrò ci catapulti, con tutte le contraddizioni possibili, nella modernità; mi riferisco a "Tableaux de la Russie païennee" ossia "Quadri dalla Russia pagana" che postillano il titolo "Sacre du printemps", balletto che Igor Stravinsky compose a partire dal 1912 e che fu rappresentato per la prima volta, tra infinite polemiche, nel maggio del 1913.

Immaginate il pubblico parigino, abituato alla ritualità composta del balletto, ad una gestualità fluida e filante, rassicurante, in fondo come tutta l'arte borghese. Decorativa ma ben collocata al posto suo.

Qui invece le coreografie di Nijinsky interpretarono la primitività attraverso spiccati movimenti pelvici, arti piegati a martello, balzi felini. La bestia non ha bisogno di nascondersi più; non ringhia nel buio della notte, confinata nel suo lato oscuro. Al contrario si va palesando senza vergogna e senza paura.

E la musica? Le avete mai ascoltate le note della Sagra?

L'orchestra usata come un immenso tamburo. A tratti gli strumenti suonano tutti insieme creando atmosfere cupe, opprimenti, inquietudini ed ansie. Del resto siamo nel 1913, sta per scatenarsi la guerra con molto cattivo gusto definita "grande". La guerra delle trincee, dei gas, dell'industria scientifica, implacabile ed asetticamente applicata allo sterminio.

E l'artista, che per questo è tale, capta queste onde di morte e le modifica, le processa a trasformarle come in monito, in profezia di sciagura.

Non c'è colonna sonora che non abbia copiato (d'accordo "subìto") l'influenza della Sagra. Gli strumenti suonano spesso fuori del loro usuale registro creando un senso di disorientamento. Dissonanze imitano cori stonati di villaggi sperduti. Riti di fertilità, primitivi e pagani, pur se ispirati ad esorcizzare la morte non fanno che evocarla (la morte, come Satana, appare sempre travestita, trasfigurata).

La premiere terminò tra fischi e scazzottate. Lo stesso Stravinsky era da un lato contento di questa enorme pubblicità (l'indifferenza è la vera nemica dell'artista) dall'altro un po' impaurito (i ballerini non riuscivano quasi a sentire la musica, tra tutti quei fischi).

Si è scritto molto di quella prima. Clamorosi assenti dichiararono d'essere stati lì, tra le prime file. Chi c'era, al contrario, negò di esserci stato, cercando alibi tra i più improbabili per scagionarsi.

Comunque dopo quella "prima volta" il mondo era diverso. Come sarà dopo "Guernica", o dopo la "Sistina". Qualcosa è cambiato. Da qui, amici miei, non si torna più indietro.

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