C'è un paese diverso, dopo le elezioni del 13-14 aprile.
E, anche se farete fatica a crederlo, vi racconto i motivi del mio ottimismo.
Penserete che sono pazzo; ma come, direte, si vede che sei uno di sinistra, perchè non sei anche tu nel girone degli afflitti, tra quelli che battono la fronte sul muro del pianto?
Allora vi dico: intanto hanno vinto gli altri e con vantaggio. E questo consentirà loro di governare. Se bene o male staremo a vedere. Ma non avranno alibi: hanno una solida maggioranza e dunque tutti gli strumenti per mettere in atto le politiche che riterranno opportune. Buona fortuna.
Ma dalla nostra parte? Debbo dire che questa bella randellata tra i denti ha raggiunto tutta una serie di personaggi e di partiti che erano fuori della Storia.
La politica è l'arte del possibile. Ci sta bene anche un po' di utopia, ma una concezione del mondo che nega la realtà è un'altra cosa
E' tempo che rifletto: occorrono le statistiche, le analisi sul campo. I fatti. Comprendere i fenomeni, le trasformazioni di questo nostro Paese e di questo nostro Mondo.
E tutto questo ai nostri amici salottieri, ai nostri intellettuali da ristorante segnalato da SlowFood, ai nostri docenti di cattedra che fumacchiano la pipa e guardano con malcelato disprezzo quella cosa grigia ed informe che chiamano realtà e che essi disprezzano perchè non si conforma ai propri schemi mentali proprio non va giù.
Ecco: è proprio il tempo di fare i conti con la Storia. C'era qualcuno a Berlino, nell'89? A Piazza Tienanmen? In quelle fabbriche del Nord-Est che in vent'anni si sono smontate e ricostruite per affrontare un mondo che cambia velocemente?
Si sono accorti che il vento girava? O erano troppo impegnati in dibattiti in punta di fioretto, dentro le loro case in centro storico, tra le travi a vista e i vini d'annata?
Si sono accorti, ad esempio, che i Sindacati non rappresentano più nessuno? Che i quotidiani di partito e la stampa in genere non contano più nulla?
Hanno riflettuto che la corsa elettorale, via via più solitaria e sfarinata tra mille rivoli avrebbe condotto a questa disfatta? I sinistri critici? I Verdi del no a tutto e a tutti? E le miscroscissioni? I partitini che, mitosi dopo mitosi, lasciavano intravvedere impietosamente la fine di ogni spinta vera di cambiamento, di ogni desiderio vero di governo?
Perchè se c'è una cosa che la Sinistra non vuol fare è cambiare sul serio. Preferisce arroccarsi su slogan vecchi, come se avessero innestato, su tanti di loro, il vocabolario e lo zainetto ideologico degli anni '50.
Gloriosi, fratelli miei, ma passati.
E finalmente si comincia a chiamare e cose col loro nome: la Resistenza è stata una Guerra Civile. Come la chiamano in Spagna. O negli Stati Uniti.
La Liberazione: ad opera degli alleati angloamericani. Senza nulla togliere agli eroi della Resistenza, ma guardiamo bene le forze in campo. Guardiamole bene, senza il solito, maledetto occhialetto tondo ideologico che fa tanto moda ma che è drammaticamente distorto.
L'ottimismo sorge dunque dalla speranza che questa massa rugginosa di frasi fatte, di luoghi comuni venga finalmente rottamata. E si torni a parlare: della realtà, del lavoro precario, delle opportunità che stiamo dando (o togliendo) alle giovani generazioni.
E' un bene che il risultato elettorale abbia spazzato via questo ciarpame.
E' tempo di una vera Rifondazione.
Lasciate che i morti seppelliscano i morti. C'era scritto sul Vangelo ed era, ed è, compagni, molto più rivoluzionario di voi.
2 commenti:
Parole davvero sagge, caro lupacchioto e ampliamente condivisibili. In uno scenario apocalittico sono il classico raggio di sole che ti ricorda che oltre le nubi c'è sempre il sole.
infatti, una bella piazza pulita di certi rottami ci stava tutta. e mi dà soddisfazione anche il tonfo di Giuliano Ferrara.
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