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2008/02/05
L'età dell'autismo collettivo
Una delle tante caratteristiche di questa nostra epoca è la grande facilità di scambiarci messaggi. Esiste tutta una palafernalia tecnologica a nostra disposizione per ricevere e trasmettere, ad ogni istante, dalla cima dell'Everest alla cantina del nostro palazzo.
Dato che siamo continuamente bombardati da messaggi, per non essere da meno, ne emettiamo anche noi, furiosamente, istericamente.
Tutti parliamo, parliamo, ma sempre meno ascoltiamo. E tantomeno capiamo. Abbiamo perso quasi del tutto la capacità di concentrarci e di comprendere.
Bevo un caffè con la mia fidanzata e quella si mette a vibrare (non di passione, ma per via della suoneria). La bacio teneramente dietro l'orecchio e quello si mette a lampeggiare perchè sta ricevendo una mail da Londra. Porca miseria non riesco neanche più ad eccitarmi se anche la mia ragazza sembra, ogni giorno di più, la donna bionica.
Faccio ginnastica e il mio vicino di cyclette riceve beep in continuazione. Lo vedo mugugnare mentre schiaccia tasti microscopici osservando preoccupato uno schermo piccolissimo. E' questa, secondo voi, la sua pausa pranzo?
Eppure mai come ora ho avuto la sensazione di un così vasto isolamento, di un così diffuso autismo collettivo. E' come se tutto il mondo non fosse più l'agorà, la piazza, il mercato dove la gente si scambiava polli ed opinioni, dove si imparava sempre qualcosa, le ultime notizie dai mercanti, gli esiti di battaglie lontane, gli usi e i costumi di regioni remote.
Oggi la vita sembra lo scorrere di un carrello in un'immensa corsia di supermercato. Ciascuno che spinge coscenziosamente il suo, spesso stracarico di inutilità. Ricordate Beckett? Non a caso i goffi eroi di En attendand Godot, Vladimiro ed Estragone, vivono incapsulati nel proprio metaforico bidone dell'immondizia. Parlano, parlano, si parlano per tutto il tempo ma la parola perde anche quel minimo valore terapeutico.
Non a caso si ricorre tanto all'analista. Ossia paghiamo perchè qualcuno si metta, tranquillo, ad ascoltarci. Ma non era meglio una volta, un bicchiere di vino, un amico, una chiacchierata viso a viso? Sbaglio?
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2 commenti:
e anche questa isteria di aprire blog per dire chissà che :-)))
Io ti capisco. L'ho chiamato sovrainformazione, ritengo che "autismo collettivo" sia più adatto a un altro fenomeno che tutt'ora sto studiando e definendo.
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