Correva l'anno 197(omissis) ed ero studente presso il liceo sperimentale (omissis) di Roma. A quei tempi vigeva l'usanza della stagionale, periodica occupazione della scuola; questa occupazione era ormai una sorta di consuetudine, un po' come l'infiorata di Genzano o la processione di Santa Maria Ausiliatrice al Tuscolano. Arriva la primavera? Si occupa la scuola.
Era un qualcosa di eroico, l'occupazione, che metteva quasi tutti d'accordo. Gli studenti, che non perdevano occasione si farsi due-tre notti in sacco a pelo con la fidanzata dentro, discutendo Marx e Trotsky tra uno spinello e una patatina fritta.
I bidelli che, trovando l'edificio occupato, se ne tornavano a casa in allegria "tanto ce pagano uguale".
Idem per i professori e perfino per il preside "preoccupatissimo" ma fino a un certo punto.
I più scontenti erano i nostri genitori, alcuni dei quali lavoravano anche duramente per mantenere questa generazione di fini intellettuali a scrocco.
In teoria durante l'occupazione si sarebbero dovuto formare dei gruppi di studio, i quali si riunivano e dibattevano, potete immaginare con quali profondità e dominio della materia, il tema dello sfruttamento delle masse proletarie, della struttura e della sovrastruttura secondo Hegel, e della religione oppio dei popoli.
La parola "oppio" era, al tempo, assai amata, essendo questa considerata una droga 'buona' in contrapposizione all' 'ero' che era cattiva.
Ma al di là di qualche fumata scettica e di un interminabile fiume di chiacchiere, per il sottoscritto l'occupazione dell'anno 197(omissis) fu l'occasione per conoscere, per la prima volta e da vicino, i membri attivi del Partito Comunista.
Loro erano compatti, la loro ideologia essendo spiegata -day by day- , dall'articolo di fondo dell'Unità. La loro vita era, se vogliamo, un'esecuzione minuziosa di 'ordini di scuderia'.
Se già erano squallidi i neosquadristi con la scritta "DUX" sugli eskimo, se già erano patetici i cattolici di C.L. con loro demo-cristianesimo d'assalto, beh, in quanto a tristezza i comunisti del P.C.I. non si battevano.
Quando parlavi con uno di loro in realtà ti rivolgevi a un membro dell'apparato, era come se il tipo che ti stava davanti avesse un auricolare con via delle Botteghe Oscure che suggeriva le risposte giuste.
E anche quando fu deciso di sospendere l'occupazione gli ordini giunsero dall'alto. Quanto a me ero ben lieto di tornare al latino e al greco che mi risultavano perfino più interessanti di tutte quelle chiacchiere senza costrutto.
Mi imbattei in uno degli attivissimi della FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana).
"Per curiosità, caro collega, come mai abbiamo deciso di concludere l'occupazione così ex abrupto?" gli chiedo (il mio latino lo lascia interdetto).
"Mah, non so, credo abbiano sentito i compagni della Federazione" mi risponde.
"Ma tu, sinceramente, che ne pensi? Non dovevamo parlare con l'Assessore all'edilizia del Comune per il problema dei doppi turni?" replico.
"Non lo so, a me l'ha detto Campagnani" mi dice.
"Ma tu, tu che ne pensi? Che senso ha organizzare tutto 'sto casino e smantellare proprio oggi, quando domani dobbiamo incontrare l'Assessore" insisto.
"Mah, guarda a me ha telefonato Campagnani" risponde, e lo vedo già che si sta agitando.
"L'ha detto Campagnani" continua a ripetere. Nel lungo corridoio tra sacchetti di fusaglie e sacchi a pelo, tra il profumo dolciastro delle canne e una carbonara improvvisata su un fornello da campeggio anche per quest'anno l'occupazione sta per finire.
Del resto, che ci vuoi fare, l'ha detto Campagnani.
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