2007/05/28

LIVE from the box factory...


Quando ero piccolo credevo nelle cose che vedevo e in quelle che ascoltavo.

Se il direttore della nostra scuola elementare prometteva che l'anno prossimo avremmo avuto un piccolo locale per il teatro io gli credevo.

Se leggevo un articolo di giornale per me quel che c'era scritto era la Bibbia. Le cose dette in televisione: parole scolpite nella pietra.

Se in un film sparavano a uno facevo molta fatica a credere che non fosse morto davvero.
Forse è per questo che sono finito a fare il magazziniere in una fabbrica di scatole.

E' che mi fidavo della gente. E quando ho smesso di farlo ho provato una gran pena: per Babbo Natale che non c'era più, per quell'enorme cumulo di bugie, di mezze verità, di ipocrisie che è la vita umana.

E per gli sforzi sovraumani che fa la gente per dare credibilità alle proprie menzogne (il citare numeri falsi e statistiche taroccate è un mezzo molto comune, qui dalle mie parti).

Eppure c'è molto di me che è rimasto fragile, sprovveduto, ingenuo.

Certo, posso fare il cinico, posso fare dell'ironia (ho letto che l'ironia è stato il mezzo col quale il cannibale ha fatto ufficialmente ingresso in società; cioè visto che non puoi scannare uno LETTERALMENTE ti diletti a farlo a pezzi a parole...).

Però in verità non sono molto capace a dire qualcosa di molto diverso da quello che sento. La mia anima ha un guinzaglio molto corto per trattenere il mio corpo. O forse è il contrario, ma che differenza fa?

Alla fine mangio quando ho fame, dormo quando ho sonno.

A fine turno faccio una doccia e mi tolgo la polvere dalle scarpe.

Quando ho voglia di ridere rido (magari fra me e me). Quando ho voglia di piangere vado al cinema Zahara, vedo un vecchio film e mi sfogo nel buio della sala.

Nessuno fa caso a nessuno. Uno dei pochi vantaggi di vivere qui, a Gotham City.

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