2007/02/28

Sandor Marai "La donna giusta"




Sai quando ci si sveglia nel cuore della notte e ci si sente mancare il respiro, come un asmatico assetato d'aria? Si allunga la mano nel buio cercando un'altra mano. Non si riesce a capire che l'altro non c'è più, non è lì vicino, nella casa o nella via accanto. Invano si esce per strada, l'altro non ti verrà mai incontro. Il telefono non serve più a niente, i giornali sono pieni di notizie prive di qualsiasi interesse, di informazioni superflue, come ad esempio lo scoppio della guerra mondiale o la distruzione di un intero quartiere di una capitale abitata da milioni di persone...

A notizie come queste si presta orecchio con cortese attenzione e piuttosto distrattamente si dice "Ah, si?... davvero... molto interessante" oppure "Che tristezza". Ma dentro non si prova niente. In un bel libro spagnolo, un libro intelligente e triste, ho già dimenticato come si chiama l'autore, ha un nome di toreador, lunghissimo, tutta una sfilza di nomi di battesimo ho letto che questa specie di incantesimo, lo stato d'animo degli innamorati in perenne attesa del loro amore assente è, per certi versi, simile al deliquio degli ipnotizzati; e il loro sguardo ricorda quello dei malati che, sollevando a fatica le palpebre, si risvegliano dal coma. Del mondo questi non vedono altro che un viso, non sentono altro che un nome.
Ma un giorno si svegliano.
Come me.
Si guardano intorno, si stropicciano gli occhi. Ormai non vedono più soltanto quel viso... per la precisione vedono anche quel viso, ma più sfocato. Vedono un campanile, una foresta, un quadro, un libro, i volti di altre persone. Si accorgono di quanto sia sconfinato il mondo. E' una sensazione strana. Quel che il giorno prima ancora sembrava insopportabile, era tanto doloroso e bruciava il cuore, oggi non fa più male. Sei seduta su una panchina e ti senti tranquilla. Per la testa ti passano cose come "Pollo in umido". Oppure "I maestri cantori di Norimberga". O ancora: "Dovrei comprare una lampadina per l'abat-jour". E' questa la realtà, e ognuna di queste cose è ugualmente importante. Ieri era tutto ancora improbabile, fluttuante e privo di senso - e la realtà era completamente diversa. Ieri volevi ancora vendetta, o redenzione, volevi che telefonasse, che avesse un disperato bisognio di te, o che venisse sbattuto in carcere e giusriziato. Sai, finchè provi tutto questo l'altro è ben felice di starsene lontano da te. Fino a quel momento ha ancora potere su di te. Finchè gridi vendetta, l'altro si frega le mani, perchè vendetta significa anche desiderio, la vendetta è una forma di sudditanza. Ma arriva il giorno in cui ti svegli, ti stropicci gli occhi, fai uno sbadiglio e improvvisamente ti rendi conto di non volere più nulla. Nemmeno incontrarlo per strada ti turba più. Se telefona, rispondi come si deve. Se vuole vederti e non puoi fare a meno di incontrarlo , non c'è problema, prego, si accomodi. E tutto questo lo fai con animo tranquillo, e sincero... sai non c'è più niente di convulso, di doloroso, di delirante. Che cosa è successo? Non capisci. E' che non vuoi più vendicarti ... e scopri che proprio in questo sta la vera vendetta, l'unica, la più perfetta, nel fatto che non vuoi più niente da lui, non gli auguri nè bene nè male, ormai non riesce più a farti soffrire...


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