2006/09/25

Forma e Sostanza



Oggi ci serviremo, miei cari Lettori, di un aneddoto filosofico.

Il giovane Platone si innamora di una donna bellissima che ha frequentato, a suo tempo, una scuola di portamento. Ragion per cui oltre ad essere bellissima la donna, che chiameremo Elena, come la moglie di Menelao, è anche estremamente elegante.

E’ quasi banale aggiungere che Platone si innamora della donna. Elena gli sembra la quintessenza dell’eleganza e della bellezza, e probabilmente lo è.

Appena può Platone la invita: a cena in un bel ristorante, in un lounge bar a bere un drink, in un jazz club ad ascoltare, poniamo, Uri Caine che si esibisce col suo trio (OK, mi rendo conto che il nostro racconto presenta un qualche anacronismo ma non importa).

Ma andiamo avanti. Passano i giorni ma Platone si avvede che qualcosa non va perché egli è filosofo e non sfugge al suo amore/destino per la saggezza. Spesso tenta di imbarcarla in discussioni elevate. E' nella sua natura ragionare, speculare, confrontarsi. Gli cita dotti distici da Ovidio, le narra racconti orientali che lui per primo ha tradotto, le suggerisce sillogismi complessi.

Ma Elena lo guarda con occhi sempre più spenti e distanti. Non solo. Lei comincia a detestarlo, lui e tutti quei paroloni, lui e tutti quei concetti avviluppati come una folta chioma di capelli mal pettinata.

In breve quel che secondo Platone è un tema appassionante per la fanciulla è una noia mortale.

Allora Platone comincia a pensare che la forma di Elena sia svincolata dalla sua sostanza. Lei è come un iceberg del quale egli ha osservato solo la parte esterna e questa parte lui l’ha adorata. Ma sotto, a differenza dell’iceberg, c’è una sostanza molto diversa da quella che egli si attendeva.

E Platone soffre di questo, perché si avvede di aver preso un grosso abbaglio, di aver scambiato la parte per tutto, di aver distorto, in certo senso, la realtà. Nella sua mente si è verificato un corto circuito: egli ha pensato che alla bella forma di Elena (quello che i filosofi definiscono “fenomeno”) facesse per forza da contrappunto un’altrettanto bellissima sostanza (quello che in filosofia di definisce il “noumeno”).

Alla fine ci interessano poco le avventure romantiche di Platone. La realtà ci presenta, visibili, delle forme. I nostri corpi, le statue, i libri sono cose tangibili, misurabili, osservabili. Ma se ci fermassimo a una sola visione “esterna” della realtà in quanti tranelli cadremmo!

Mangeremmo in continuazione funghi avvelenati ma dai colori sgargianti, crederemmo di vivere su un pianeta piatto, non conosceremmo il numero zero dato che zero nella natura visibile non esiste.

Comunque stasera Platone ed io usciamo a bere una birra. Voglio proprio sapere com’è andata a finire.

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