2009/02/27

Miguel Zenón Quartet


Miguel Zenón Quartet

“NYC Scenes”

Roma, Casa del Jazz

19 febbraio 2009

Miguel Zenón, alto sax

Luis Perdomo, piano

Hans Glawischnig, contrabbasso

Henry Cole, batteria


Vengo sempre volentieri a questa vetrina dei gruppi più interessanti che lavorano sulla scena newyorkese. Stasera, però, il gruppo di Zenón mi lascia particolarmente (e piacevolmente) impressionato.

Il suo sax alto si muove, infatti, con estrema agilità nei territori del jazz contemporaneo, ma senza mai rinnegare le proprie radici latine. I brani sono molto lunghi, dilatati perfino, ma intervengono, ad evitare il rischio di ripetitività, inserti di autentico ‘son’ che riescono a sdrammatizzare e ad allentare una tensione che altrimenti renderebbe la musica troppo cerebrale. Altri inserti sono creati quando sia il band leader che il pianista afferrano dei tambourine e si divertono a creare un trio ritmico ‘contro’ un riff del contrabbasso. Molto bello e accattivante, quest’aspetto, anche a testimoniare un’attenzione nei confronti del pubblico che mostra sempre di apprezzare questi cambiamenti nel profilo di brani altrimenti piuttosto complessi e di non sempre facile fruizione.

I temi sono sempre molto interessanti e spesso i quattro musicisti sono impegnati in passaggi all’unisono e in molti obbligati ritmici che ci fanno capire quanto il quartetto abbia provato gli ‘schemi di gioco’ prima di presentarsi sul palco.

Zenón ci mette le idee, il carisma, l’entusiasmo, ma anche i suoi tre compagni non si risparmiano. Bellissimo il piano di Perdomo, dal tocco sempre elegante che a tratti ci riporta alle sonorità di Chick Corea. Sempre intelligente il contrabbasso dell’austriaco Glawischnig, dal suono molto caldo e presente (sarà un’impressione ma anche questo sound ricorda quello di Stanley Clarke e dei tempi gloriosi -e lontani- di “Return to Forever”).

Per finire la batteria di Cole (anch’egli, come il band leader, originario del Porto Rico) ci piace per la delicatezza con la quale sa costruire un fraseggio sempre presente e che non deborda mai. Concentratissimo, dunque, e sempre focalizzato a proporre uno sfondo ritmico perfettamente adeguato al contesto.

Meritato, dunque, l’entusiasmo del pubblico, che ha avuto il piacere di ascoltare un jazz di alto profilo ma anche estremamente ben presentato. Si può chiedere di più?

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