2008/09/01

Prateria


Non sono, lo sapete bene, uno scrittore. Ma se mi domandaste qual'è il libro che avresti voluto scrivere risponderei, quasi senza esitare, "Prateria" di William Least Heat-Moon.

Ogni volta che ne sfoglio le pagine ne resto inevitabilmente affascinato, come se ad ogni rilettura ne scoprissi nuovi piani narrativi.

Sembra, leggendolo, di ascoltare un vecchio amico che ti dispensa la sua saggezza poco a poco.

Racconta storie su storie e tutte relative a questa piccola contea (precisamente la Chase County, nel Kansas) piantata nel cuore stesso degli Stati Uniti.

Ma la sua messa a fuoco narrativa si sposta continuamente, proprio come in una chiacchierata tra amici: religione e racconti di caccia, descrizioni accuratissime di faglie e sedimenti, rimpianti per mestieri che scompaiono, statistiche e numeri, ricordi di dolcetti cucinati su fuochi di bivacco, piantine disegnate a mano per arrivare ad un certo mulino.

Sempre tra il serio ed il faceto, tra il malinconico e l'allegro.

Che testa occorra per scrivere un libro del genere fatico a capirlo. A mantenere una visione del tutto, a non farsi prendere la mano. A citare, con assoluta naturalezza, Pierre Teilhard de Chardin e poi Walt Withman, oppure Alce Nero e, a seguire, un trattato di entomologia di fine '800.

Sempre senza perdere mai quel clima di divertita curiosità. Una mappa profonda: del suolo, degli animi della gente, delle valli, della pianura infinita, dell'erba (bluegrass) alta tre metri che ondeggia come un oceano.

Per me leggerlo è stato, oltre a un modo di imparare molte cose, anche scoprire una diversa concezione delle letteratura. E della vita.

Vi pare poco?

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