Giovanni Guidi Quartet
Auditorium Parco della Musica Roma
Teatro Studio
20 maggio 2008
Giovanni Guidi, pianoforte
Dan Kinzelman, sax tenore
Stefano Senni, contrabbasso
Joao Lobo, batteria
Avevo già scritto, e positivamente, di questo giovane pianista e compositore e del suo CD d'esordio, "Indian Summer" (CamJazz, 2007). E così, per andare a vedere il quartetto 'live', mi sottopongo perfino al non trascurabile disagio di attraversare una Roma alluvionata in un maggio che sembra, più che altro, un novembre.
Il Teatro Studio è il più informale tra gli spazi del Parco della Musica e l'essenzialità del luogo ben si adatta al genere che ascoltiamo questa sera: un jazz fresco, aperto, vario, moderno, informale, ma anche piuttosto spartano.
Il pianismo di Guidi (classe 1985) spazia lungo una gamma cromatica che varia da una certa e voluta densità di trama alla creazione di momenti, i più belli del concerto, dove si predilige un tocco classico, fatto anche di arpeggi e posizioni delle mani piuttosto avventurose, e di gruppi di note sparse e scarse.
Il trio asseconda e gioca con questi stimoli lanciati dal 'band leader'. Piacevoli gli assoli e gli spunti di Kinzelman, piacevole il 'drumming' di Lobo, buono il 'lavoro di fondo' di Senni.
I brani sono lunghi, forse un po' troppo dilatati, e presentano temi originali sui quali si innestano citazioni da "Hasta Siempre, Comandante" a "We Shall Overcome" a "Quizas, quizas, quizas…".
Forse occorrerebbe, è una mia considerazione, osare qualcosa di più, soprattutto quando, dopo momenti di 'free jazz' non ancora del tutto assimilato si cambia bruscamente canale, omaggiando temi più popolari.
Forse avrei proceduto a costruire inserti - di 'montuno' o di 'blues' - ancora più "volgari" (in senso etimologico!) al fine di accentuare il contrasto.
Ma forse i tempi dell' "Art Ensamble of Chicago" sono ormai lontani, il gusto della contaminazione si è, a sua volta, un po' contaminato. E dunque è forse opportuno che il nostro giovane artista cerchi veramente un sentiero tutto suo.
Le premesse per un futuro radioso ci sono tutte. Complimenti anche a chi programma, in un paese afflitto da gerontocrazia endemica, momenti che consentono di vedere all'opera gente giovane. Finalmente!
Auditorium Parco della Musica Roma
Teatro Studio
20 maggio 2008
Giovanni Guidi, pianoforte
Dan Kinzelman, sax tenore
Stefano Senni, contrabbasso
Joao Lobo, batteria
Avevo già scritto, e positivamente, di questo giovane pianista e compositore e del suo CD d'esordio, "Indian Summer" (CamJazz, 2007). E così, per andare a vedere il quartetto 'live', mi sottopongo perfino al non trascurabile disagio di attraversare una Roma alluvionata in un maggio che sembra, più che altro, un novembre.
Il Teatro Studio è il più informale tra gli spazi del Parco della Musica e l'essenzialità del luogo ben si adatta al genere che ascoltiamo questa sera: un jazz fresco, aperto, vario, moderno, informale, ma anche piuttosto spartano.
Il pianismo di Guidi (classe 1985) spazia lungo una gamma cromatica che varia da una certa e voluta densità di trama alla creazione di momenti, i più belli del concerto, dove si predilige un tocco classico, fatto anche di arpeggi e posizioni delle mani piuttosto avventurose, e di gruppi di note sparse e scarse.
Il trio asseconda e gioca con questi stimoli lanciati dal 'band leader'. Piacevoli gli assoli e gli spunti di Kinzelman, piacevole il 'drumming' di Lobo, buono il 'lavoro di fondo' di Senni.
I brani sono lunghi, forse un po' troppo dilatati, e presentano temi originali sui quali si innestano citazioni da "Hasta Siempre, Comandante" a "We Shall Overcome" a "Quizas, quizas, quizas…".
Forse occorrerebbe, è una mia considerazione, osare qualcosa di più, soprattutto quando, dopo momenti di 'free jazz' non ancora del tutto assimilato si cambia bruscamente canale, omaggiando temi più popolari.
Forse avrei proceduto a costruire inserti - di 'montuno' o di 'blues' - ancora più "volgari" (in senso etimologico!) al fine di accentuare il contrasto.
Ma forse i tempi dell' "Art Ensamble of Chicago" sono ormai lontani, il gusto della contaminazione si è, a sua volta, un po' contaminato. E dunque è forse opportuno che il nostro giovane artista cerchi veramente un sentiero tutto suo.
Le premesse per un futuro radioso ci sono tutte. Complimenti anche a chi programma, in un paese afflitto da gerontocrazia endemica, momenti che consentono di vedere all'opera gente giovane. Finalmente!
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