2007/03/21

Il tempo di un'illusione


La ragazza è piccolina, capelli corti, ne avverto il profumo delicato, intonato con l'abitino retrò e le calze con la riga. Entra regalando un sorriso al nostro impegato alla récéption che resta leggermente incantato da quell'incedere tipico della femmina carina e perfettamente cosciente d'esserlo.

E' proprio un bocconcino, penso tra me, mentre mi sorride e io le sorrido. Elegante, quella punta di sofisticato che non guasta nell'ambiente ovattato del nostro ufficio tutto boiserie e tappeti.

Per un attimo intuisco i suoi seni, tesi sotto una camicetta di un bianco immacolato. Sparisce in un corridoio scuro che, rifletto tra me, non la merita.

"Sarà straniera? Chissà, forse francese, che classe, che eleganza... italiana, no, mai e poi mai, quello charme, francese, anzi, mi sbilancio, parigina senz'altro... " rifletto pensando ai tratti del suo viso ancora così vividi nelle mie sinapsi.

E torno al mio oscuro lavoro, dimenticandola presto.

Tre ore dopo la vedo di nuovo, di spalle, inconfondibile quel suo derrière così delicatamente sottolineato dalla gonna gessato grigio, che armeggia davanti alla macchinetta che distribuisce bottigliette d'acqua. "...e che cazzo" la sento imprecare ma il distributore non sembra sentire ragioni.

La felicità a volte non lascia tempo nemmeno alle illusioni.

1 commento:

sdn ha detto...

"nell'ambiente ovattato del nostro ufficio tutto boiserie e tappeti."

Cheee?!?!! Quale?!?! E poi, un "e che cazzo" ci sta sempre bene, contrasti, perdio! Servono contrasti. E ricorda, che per quanto angelica, una volta sulla tazza del cesso, spinge ESATTAMENTE come e quanto te.
Noblesse oblige!