2007/01/24

gentechesiprendetropposulserio






La dott.ssa L.S. si accomiatò dal gruppetto di colleghi riuniti attorno alla macchinetta del caffè dicendo “Ora vado. Debbo aggiornare la banca dati dei prezzi petroliferi”.

Di che lavoro si trattava? Ve lo dico io. La dott.ssa L.S. avrebbe aperto un file Lotus 1-2-3 (a quei tempi si utilizzava quel prodotto) e avrebbe aggiunto, copiandole dal “Sole 24 Ore”, una decina di righe a una tabella.

A sentire lei, si trattava di un’attività ad altissimo profilo professionale. Una volta al mese lei e il suo compare, altro luminare della scienza, stampavano la tabella in questione e la distribuivano con la medesima solennità che impiegò Mosè quando consegnò le tavole della legge al popolo di Israele.

Altro esempio. Il dott. G.P. era il mio capo. Aveva una capacità innata di trasformare ogni cosa che faceva in un atto determinante e decisivo per le sorti non solo della ns. azienda ma del Paese intero. “Se avessi un figlio vorrei che lavorasse qui, in quest’impresa, in quest’ufficio, il più importante”.

Ci credeva. Ci credeva veramente. Perchè la mente umana è porosa. Finisce per credere alle proprie certezze. Ecco perché mi trovo circondato da premi Nobel in pectore, de gente che “se dipendesse da me”, da “ho io la soluzione dei problemi”, che “se solo mi lasciassero fare saprei io”…


Essere grandi di grandezza potenziale risulta una caratteristica estremamente vantaggiosa se si lavora presso il privato. Ma diventa determinante per il successo personale se si agisce nell’ambito delle aziende pubbliche.

Lì le partiture più gettonate sono proprio per trombone (come il mio ex-capo dott. G.P.) o grancasse (come la mia ex-collega dottoressa L.S.).

Forse è per questo che appena arrivo a casa faccio di tutto per suonare un po’ del mio amato pianoforte. Delicato e senza troppi clamori.

Nessun commento: