2017/11/29

2017 11 28 Cory Henry & the Funk Apostles all'APdM, Roma




Un aggettivo sintetico per definire la serata? Elettrizzante!

Ma andiamo per ordine. Mentre il ns. eroe nasceva in quel di Brooklin, era l'anno del Signore 1987, il sottoscritto trascorreva belle mattinate in una Harlem che, dalla 125a strada in su, era un mondo a sé. Arrivava dalle chiese metodiste, battiste, luterane del 7o giorno e via dicendo, una musica avvolgente, le voci profonde, intonate dei godspell e dei blues. Entravi in quei luoghi in punta di piedi e dopo un po' ti ritrovavi a cantare le lodi del Signore: Jesus is love, bro, Jesus is love!

In fondo Cory Henry è figlio legittimo di queste radici: soul, funky, bass&drums, dance. Ma è figlio di un messaggio più profondo, di un desiderio, una missione quasi, di portare un po' di sorrisi, un po' di amore su questo pianeta dolente.

Amore è la parola tabù di questi tempi. Dichiarare l'amore è come firmare una resa, è come palesare il proprio fallimento, è esser derisi e considerati sciocchi ed ingenui. 

Cory ci parla con voce suadente, caldissima, cerca di metterci a nostro agio, are you OK, is everything fine? e la sua musica ci spande per la sala Sinopoli e perfino un cinico recensore come me si lascia prendere dal ritmo, dalle movenze di questo organista - cantante - officiante - sciamano - derviscio rotante.

Da Staying Alive a Stevie Wonder, da pillole di John Coltrane e di spiritual la band (batteria, basso elettrico, chitarra elettrica, tastiere, coriste -da 10 e lode- ed ovviamente Hammond B3 e synth) ci risucchia per quasi due ore  in un vortice giocoso, accarezzandoci con ritmi lentissimi che virano verso cadenze sferzanti che ci fanno saltellare sulle poltrone fino all'euforia delle folli notti newyorkesi e ci ritroviamo tutti un po' smarriti a ballare uno sull'altro.

Ciascun elemento del gruppo si prende i propri spazi e, al di là delle ineccepibili doti individuali, quel che colpisce è il suono compatto, frontale, controllato nelle dinamiche e la grande capacità di transizione da un brano all'altro, da una tonalità all'altra, da un ritmo all'altro. Sotto questo aspetto le maggiori difficoltà, e dunque il maggior merito, va proprio a Cory e alle sue due splendide back vocalist.

E dunque quando usciamo, in una nottata improvvisamente umida di pioggia il nostro cuore è un po' più sollevato. Il mio almeno. E così sia.

Grazie a tutti,

Marco Lorenzo Faustini, 2017 

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