2012/05/26

Federico Casagrande “The Ancient Battle of the Invisible”





Federico Casagrande, chitarra elettrica
Jeff Davis, vibrafono
Simon Tailleu contrabbasso
Gautier Garrigue batteria

"A chi somiglia?" E' la domanda più comune, di solito, quando nasce un figlio: ha gli occhi della mamma, il mento dello zio e così via dicendo.

E questo CD di Federico Casagrande, chi ci ricorda? Un sacco di belle cose, debbo dire. Un po' Metheny, un po' Coltrane, un po' Allan Holdsworth, un po' certe idee di Miles, di Bud Powell, di Chick Corea quando lavora con Gary Burton...

Ma sono cose che si dicono un po' per dire, di circostanza.

Al di là di un primo impatto che può risultare un tantino ostico, al di là di una certa iniziale cerebralità, se ci si arma di un po' di pazienza ci si avvede presto che questo è davvero un bel progetto, pieno di idee, pieno di stimoli, pieno di significati.

I temi sono originali, ed osano molto, si lanciano nel vuoto, allo sbaraglio, nella battaglia, appunto, con coraggio, senza risparmio di energie.

Ed ogni brano ha una sua compiutezza, pur se inserito in un respiro di un CD che non perde mai di tensione.

Alcuni brani sono veramente elettrizzanti (vedi "Battelfield" col suo ritmo in 6/8, oppure "7 Roses" con la scansione ritmica piena di sorprese oppure ancora "Arrowhead" con le sue sonorità quasi sperimentali... basta mi fermo qui e sono quasi certo che non ci sarà chitarrista che non tenterà di cimentarsi a risuonare queste linee).

La chitarra di Federico, infatti, ama  addentrarsi in arzigogoli e finezze, in soluzioni eleganti che mai perdono il senso della misura. E le improvvisazioni, poi, aggiungono vitalità ai temi, tutti estremamente complessi e raffinati.

L'apporto sonoro del vibrafono, poi, contribuisce a dare un' ulteriore risposta, un'ulteriore impronta di originalità e ribadisce la natura duale del CD, tutto giocato sui contrasti diq uesta battaglia interiore.

Musicisti cumunque preparati, seri, sostanziali.

A chi somiglia, dunque, il pargolo? E sapete qual' è la risposta? La più bella che si possa dare in questi casi: somiglia a sè stesso.

E consideratelo, in un mondo di cloni e di replicanti, un grande, meritatissimo complimento.

Marco Lorenzo Faustini
maggio 2012

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