2012/03/14

L'uomo allo specchio



L'uomo allo specchio



L'uomo allo specchio guarda l'Altro con poca o nessuna simpatia.

I due sembrano ignorarsi, quasi, con quelle loro occhiate più oblique che dirette, buttate lì come a caso, con ostentata indifferenza.

Eppure si stanno studiando, da un po', come due sfidanti prima di un match importante.

Ma più che alla boxe è a una partita a scacchi che ci si prepara. Alfieri dalle lame taglienti, cavalli dagli scarti imprevedibili, regine ostili ed un tantino perfide.

L'uomo allo specchio sembra più etereo. Virtuale, quasi, solo un'immagine, quale egli è, un riflesso.

L'Altro, al contrario, è più piazzato, leggeremente sovrappeso. Si osserva la pelle del viso, come sempre appena irritata dalla rasatura. Odora con una punta di orgoglio il suo dopobarba al muschio.

Un piccolo privilegio che quell'Altro non può avere, conclude soddisfatto.

Eppure l'uomo allo specchio riesce sempre a mettergli addosso una punta di agitazione. Lo obbliga, si può dire, a giustificarsi, ad accampare scuse, a fornire spiegazioni non del tutto plausibili.

Mette in discussione, perbacco, la sua superiorità.

"L'Altro" mormora fra sè e sè l'Altro. "Semmai l'Altro sei tu. Io sono l'Uno. Sono io che ti ho generato. Tu sei solo un gioco, un'illusione e neppure tanto originale. Soltanto i selvaggi restavano incantati a guardare quelle superfici riflettenti, a scoprirsi, divertiti,  dietro quella cortina di mercurio ammalato e coperto di ditate. Non voglio più che mi si chiami così, capito?"

La sua voce tuona nel riverbero delle mattonelle azzurre (firmate) del bagno. "Posso nasconderti quando voglio, anche adesso, subito. Faccio una doccia e ti ricopro di vapore e non ti vedo più".

Eppure si pente subito di quelle parole. Ancora una volta, è costretto ad ammettere, l'uomo allo specchio lo ha snidato fuori della sua tana. Ancora una volta si è dovuto esporre allo scoperto. Maledetto.

Serra i pugni tentato di colpirlo con tutta la forza.
"Ma no, non lo farò" sussurra. "Io resterei qui da solo a combatterti, mentre tu ti moltiplicheresti all'infinito".

"Va bene, dimmi cosa vuoi. Dimmelo e facciamola finita". Fa una lunga pausa, trattenendo il respiro e lascia che la sua rabbia si diluisca poco a poco.

"Debbo restare qui a contemplarti? E per quanto, ancora? Che fai, non rispondi?".

Ma l'uomo allo specchio resta silenzioso e lo osserva con un po' di pena, scuotendo debolemente il capo.

Si avvicinano. Si guardano negli occhi e lo sguardo dell'uomo allo specchio è oggettivamente più onesto, più fermo.

"Va bene, hai ragione tu, hai vinto tu, lo ammetto. Ti ho trascurato troppo, ultimamente. E' che un po' mi illudevo che non saresti più tornato. Che la nuova automobile, che il casale in campagna, che la vacanza... E poi, chissà come starei, in fondo, senza di te. Se sopravviverei. Che forse sei l'ultima traccia di umanità che mi resta in corpo, l'ultima identità vera, l'unico amico col quale dividerei un sorso di rum o una tirata di sigaretta".

Continuano a guardarsi e poco a poco ogni ostilità, negli sguardi, si spegne. Le dita si toccano con le dita.

Si salutano con il palmo della mano aperto. Un gesto, appena accennato, di tregua, di timida intesa. 

Si sente, dalla finestra, una donna che canta una ninna-nanna in una sera che è arrivata troppo in fretta.

L'Altro spegne la luce e tutto resta sospeso nel silenzio.

"Au revoir mon ami! A demain".


Marco Lorenzo Faustini, 2012

"Gli specchi e la copula sono abominevoli giacchè moltiplicano il numero degli uomini."
Jorge Luis Borges

Nessun commento: