2012/02/15

Pane al pane...




Una delle mie caratteristiche personali (giudicate voi se buone o cattive) è quella di chiamare le cose col proprio nome. E questo non in nome di un'adesione incondizionata a quella scienza del linguaggio chiamata "etimologia". E neppure per un profondo, kantiano imperativo categorico.

"Io sono un pessimo attore" diceva Clark Gable "ho sempre e solo recitato me stesso".

Ecco, io non avrò il fascino dell'eroe di "Via col Vento" ma diciamo che, almeno sul piano della schiettezza, mi sento di essere sulla sua stessa lunghezza d'onda.

Una sconfitta, nel mio vocabolario, è una sconfitta. La tristezza è tristezza, la bella musica è bella musica.

E questo lungo e faticoso cammino, ripulito dal peso di queste "doppie verità", di questo dire/non dire, scrostato da ogni forma di parlare obliquo, per mezze parole, per allusioni, per ellissi mi consente di vivere con un approccio molto istintivo e viscerale.

E, ve lo giuro è proprio quello che volevo.

 "La verità vi farà liberi" recita Giovanni (8, 32)  e questa parola, "verità" non è un monolite, un blocco di granito.

La verità è un processo: ci si avvicina ad essa per approssimazioni successive. Quell'alfa privativo in alètheia (verità in greco) sta per "senza oscurità". Dalle tenebre alla luce. Dalla nebbia al sole (si dice che "la verità illumina le cose" come pure "fare le cose alla luce del sole").

La libertà è, anche lei, un processo: non è una statua, non è una data da ricordare. Libertà è una conquista quotidiana, metro a metro, passo a passo. Smetti di lottare per la libertà e subito riscivoli giù, insesorabilmente, in uno stato di dipendenza, di schiavitù.

Ma tutto questo ci obbliga ad una profonda onestà intellettuale. Lo specchio riflette la nostra condizione umana nella sua cruda essenza. E' necessario ripartire sempre da lì, dai nostri limiti, dai nostri errori, dai nostri lati più oscuri.

Del resto il buon Diogene vagava con una lampada. Cerco l'uomo, diceva. Ed ecco di nuovo la lotta tra l'oscurità e la luce. "Se non fossi Alessandro Magno vorrei essere Diogene" commentò il conquistatore di imperi al cospetto del filosofo. Mica un complimento da poco. Alla fine, forse, era più vicino alla verità ed alla libertà il filosofo che viveva in una botte che non l'imperatore il cui regno non durò un giorno più del suo fondatore.

Un abbraccio a voi tutti,

m.

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