2011/04/20

La Peste




Dal porto oscuro salirono i primi razzi dei festeggia­menti ufficiali. La città li salutò con una lunga e sorda esclamazione. Cottard, Tarrou, coloro e colei che Rieux aveva amato e perduto, tutti, morti o colpevoli, erano di­menticati. Il vecchio aveva ragione, gli uomini erano sempre gli stessi. Ma era la loro forza e la loro innocen­za, e proprio qui, al disopra d'ogni dolore, Rieux senti­va di raggiungerli.

In mezzo ai gridi che raddoppiavano di forza e di durata, che si ripercuotevano lungamente sino ai piedi della terrazza, via via che gli steli multicolori si alzavano più numerosi nel cielo, il dottor Rieux decise allora di redigere il racconto che qui finisce, per non essere di quelli che tacciono, per testimoniare a fa­vore degli appestati, per lasciare almeno un ricordo del­l'ingiustizia e della violenza che gli erano state fatte, e per dire semplicemente quello che s'impara in mezzo ai flagelli, e che ci sono negli uomini più cose da ammirare che non da disprezzare.

Alber Camus, La  Peste, 1947

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