2011/04/05

I sette peccati capitali


Ecco, cari amici, oggi provo a tracciare, a memoria ed in ordine sparso, l'elenco dei sette peccati.

Il primo che mi viene in mente è la superbia. Mi sento "super", come la benzina, migliore degli altri. Dunque posso trattare tutto e tutti con quel naturale disprezzo tipico di secoli e secoli di allenamento ad essere, di volta in volta: di sangue blu, WASP, razza padana, razza padrona, razza ariana. Nobile contrapposto a plebeo, dotto contrapposto ad ignorante, ricco contrapposto a disgraziato. Sano giovane bello e con gli occhi azzurri contrapposto ad anziano, malato, claudicante ed anche un po' bruttino.

Poi c'è l'ira. Che significa perdere il controllo di sè stessi, e dunque essere non liberi ma schiavi, schiavi proprio del nostro carattere irascibile. Di Dio si dice che sia lento all'ira e facile al perdono. Personalmente in certi giorni mi sento facile all'ira e facilissimo al perdono. Insomma sono, sotto questo punto di vista, abbastanza a buon punto. Ma posso migliorare.

Poi c'è la gola. Di nuovo: essere schiavi del cibo, dell'eccesso (in più o in meno). L'uomo saggio cerca di essere equilibrato. Sa dosare bene tra il piacere che il cibo ci apporta ed il dispiacere che ci può procurare se si superano certi limiti. E molto simile è il rapporto con il sesso, da cui la lussuria. Lo dico spesso: nel sesso c'è tutta la dolcezza, la poesia, un'intimita prfonda ed avvolgente con l'altro. Se no, c'è solo una sorta di ginnastica dove quel che conta è stabilire il record: delle amanti avute, del tempo impiegato, in giorni, per la conquista, della durata, in minuti e a volte in secondi, del coito, della dimensione del membro. Parlo al maschile lasciando alle femminuccie le proprie analoghe considerazioni.

L'avidità significa un bisogno sconfinato di accumulare. Lo vedi da bambini: quello che si prendeva tutti i giocattoli per sè e passava il pomeriggio, povero idiota, a difendere le inutili proprietà conquistate. Che tristezza. E poi c'è l'avarizia, che è l'incapacità di donare qualcosa di nostro senza contropartite.Se no ci troviamo di fronte ad un "atto di liberalità a fini di deducibilità fiscale", che è cosa assai diversa.

L'accidia (o pigrizia) è una forma di disprezzo della vita. La paura di stancarsi, ma anche di coinvolgersi, di avere una passione politica, di emozionarsi di fronte ad un bel quadro, oppure ad un tramonto.Il pigro non vede oltre la propria affaticata fisicità. E spera sempre che altri agiscano, a compensazione delle proprie negligenze.Delega a che gli altri non solo lavorino ma anche vivano al proprio posto.

L'invidia se ne sta, come Satana, sempre un po' in disparte. Entrambi virulenti sfuttano la nostra incapacità di riconoscerli. Siamo invidiosi di chi va forte con le ragazze, mentre noi siamo un po'scarsini. Di chi ha successo negli studi, di chi guadagna un po' di soldini. Ma spesso dimentichiamo che dietro molte storie di successo ci sono anche sforzi e sacrifici. Ce ne restiamo, rancorosi ed inaciditi, rannicchiati intorno al nostro ombelico. Ma senza chiederci, spesso, se le persone che invidiamo siano davvero tanto invidiabili (e spesso non lo sono). Ci avveleniamo il sangue osservando l'erba del vicino e trascuriamo di annaffiare la nostra. Come quasi sempre siamo noi stessi causa del nostro male.

Un caro saluto a tutti dal LobetaBlog.

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