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2009/11/18
Al Foster Quartet
Al Foster, batteria Adam Birnbaum, piano
Eli DeGibri, sax soprano & tenore
Douglas Weiss, contrabbasso
Un solo aggettivo per definire Al Foster (1944, Richmond Virginia) non basta. Direi: ironico, simpatico ma anche professionale e generoso. Miles Davis lo chiamò nella sua band per le sue caratteristiche di drummer molto ritmico e funkeggiante, che era esattamente quello che il geniale trombettista stava cercando. Jazzista ma con un occhio anche per il rock e per il blues. Delicato ed aggressivo. Dolce, a tratti, con le spazzole ed irruento sui tre 'ride' che quasi lo nascondono la pubblico, piccolino com'è.
Riemerge dalla sua batteria per presentare un gruppo super rodato, con fedele Douglas Weiss e con i due 'giovani' del gruppo, Adam Birnbaum ed Eli DeGibri.
La serata è piacevolissima, con una dovuta dedica a Miles ("So What"), un rapido sorvolo su Herbie Hancock ("Cantaloupe Island") per poi muoversi su brani originali.
Ballad e funky, rapidi cambi di dinamica, lunghi assoli dei quattro musicisti in un crescendo di concentrazione e scioltezza, la tipica band che, partendo da solide radici jazz, funky e blues si allarga ad ampie citazioni su tempi latini ed afro. Il gruppo è collaudato, i musicisti attenti a seguire le vie maestre disegnate dal band leader, integrando gli spunti con originalità e mestiere.
DeGibri ha un suono pieno di fisicità e passione, costruisce i suoi assoli sempre in un crescendo che, quando raggiunge il 'climax', strappa lunghi e convinti applausi. Più posato il pianismo di Adam Birnbaum, molto versatile sia su passaggi tecnici che su momenti più lirici, specie in qualche 'intro'.
Tutta la serata è stata carattetizzata da tempi metronomici impossibili (chissà perchè: quando guida un batterista finisce sempre così!) ma tutto il materiale proposto è risultato estremamente ben organizzato.
Il pubblico sempre ben preparato della Casa del Jazz ha apprezzato moltissimo.
Un'ultima considerazione su Douglas Weiss, ottimo 'sideman' che, anche se un po' dietro le quinte, ha contribuito, con estrema sensibilità, a realizzare questo suono così pieno di stimoli e di prospettive. In definitiva, come quasi sempre alla Casa del Jazz, di nuovo un gruppo molto 'avanti', che sa ben coniugare tradizione ed innovazione senza mai dimenticare il senso dello show.
C'è sempre molto da imparare, da artisti del genere. Indubbiamente.
Marco Lorenzo Faustini
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