Nell'uso comune, col termine "cireneo" si indica
una persona che, volente o nolente, si carica del peso di qualcun altro. Il
nome deriva dal personaggio, tal Simone di Cirene, citato in tre dei quattro
Vangeli, che viene obbligato, dai soldati romani, a portare la croce di Gesù.
Come tutte le antonomasie la figura del cireneo non è nata
né si è diffusa a caso. L’immagine è potente, data la drammaticità del contesto
descritto; dunque, non ci stupisce che il termine si sia prestato a significare
tanto e oltre.
Oggi in tanti si considerano, a ragione o a torto, dei
cirenei. Portatori di altrui croci, a volte per volontaria scelta, a volte per
imposizione dall’esterno.
Ma a meglio indagare ci si avvede che molti sono cirenei sì,
ma portatori di una croce “virtuale”.
Li vedi afflitti da gravosi problemi, i quali sono ubicati
sempre assai lontano, a prudenziale distanza.
E quanto maggiore la distanza più forte la loro sofferenza e
il loro dolore.
Come dire che il cireneo virtuale soffre assai di più per
l’ingiusto trattamento degli inuit in Groenlandia che per la moglie del vicino
presa a botte dal marito.
Dunque, il cireneo virtuale concede, con magnanimità, che il
trasporto della pesante e materica croce di legno, quella che costa davvero
fatica portare, sia delegato ad altri.
Essendo spesso istruito egli (o ella) non può certo abbassarsi
ad attività troppo venali; eppure, anche in questa delega riesce a intravedere un
ulteriore motivo di sofferenza e di dolore e dunque di personale elevazione.
“Ah se potessi davvero aiutare Tizio” sembra dire, lo
sguardo perennemente affollato di afflizioni e la bocca di profondi sospiri.
Frattanto i cirenei della croce di legno faticano assai e
qualche volta imprecano in silenzio per la loro sorte.
Forse ci ripartissimo un po’ il carico staremmo tutti un po’
peggio, ma anche, in fondo un po’ meglio.
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